Il 7 luglio inizia UmbriaJazz e per una decina di giorni anche il pianeta Mannaggia ondeggerà a tempo di musica. Proprio per questo abbiamo deciso di dedicare il primo venerdì del festival a “Volevo essere Bill Evans” (Faraeditore) di Sergio Pasquandrea, un libro che racconta il jazz attraverso tante piccole storie. Ritratti di interpreti eccezionali, atmosfere e ritmi che sono entrati nel nostro immaginario e non ne sono usciti più.
Il Libro
Note di letteratura musicale travolgenti come racconti vissuti in prima persona, storie che incarnano una passione infinita per il jazz e sanno far vibrare in absentia eppure con assoluta empatia musiche, strumenti e soprattutto interpreti che hanno lasciato tracce profonde e indimenticabili nel mondo delle band dell’ultimo secolo.
«Il jazz vive di antitesi. Colto, ma di origine popolare; improvvisato, ma anche scritto; nero, ma anche bianco; sofisticato fino allo stremo, ma viscerale quanto nessun’altra musica. Ma forse l’antitesi fondamentale è quella fra tradizione e innovazione. Si dice spesso che il jazz ha fatto in cent’anni il cammino che la musica classica ha fatto in cinquecento: la frase è vera solo in parte, però di sicuro esprime bene la tumultuosa evoluzione di questa musica, che per sessant’anni ha cambiato faccia almeno una volta per ogni decennio. Eppure nessun musicista, nemmeno i più sperimentali e avanguardisti, rinuncia mai a citare il passato come la propria fonte di ispirazione più importante. Anzi, più il musicista è “d’avanguardia” più sembra legato al passato.»
L’autore
Sergio Pasquandrea è nato nel sud-est della Penisola, in uno degli ultimi decenni del secolo scorso. Il destino, che egli corteggia spassionatamente, o ha poi portato a trasferirsi nel centro esatto dello stivale. La poesia, da lui amata di un amore che sconfina nel masochismo, a volte gli ditta dentro. Lui scrive. Lei scuote la testa, sconsolata. Quando la Musa tace, Sergio si occupa di insegnamento, giornalismo musicale, ricerca universitaria, disegno e pone le mani sulla tastiera di un pianoforte. Ha due figli che adora e una moglie che si guadagna la santità sopportandolo. Fra le ultime pubblicazioni, il saggio “Breve storia del pianoforte jazz. Un racconto in bianco e in nero” (Arcana Editrice, 2015), la raccolta di poesie “Un posto per la buona stagione” (Qudu, 2016) e le cover-story mensili del bimestrale “Jazzit”, al quale collabora da oltre dieci anni.